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Adozione in Italia, quando una favola diventa realtà

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Oggi voglio raccontarvi una bellissima storia. Anzi sarà la protagonista di questa bella favola a raccontarvela, una storia di adozione andata bene a dimostrazione che anche in Italia, se si vuole, si può adottare un bambino.

“Sono diventata mamma all’improvviso. “Sì, vabbè all’improvviso…”. Sì, è successo in un attimo, quasi non me ne sono accorta. Un attimo prima organizzavo un viaggio a cavallo nella pampa uruguaiana, il giorno dopo avevo un figlio, di poco meno di un anno. “No aspetta, mi sono persa qualcosa…” mi ha detto qualcuno. Beh, diciamo che me lo sono persa anche io, un po’ per scelta un po’ perché il destino ha voluto così.

E quando mi sono trovata davanti ad un bivio ho voluto credere nelle fate, nella magia, nella determinazione mia e di mio marito di diventare genitori adottivi, piuttosto che percorrere altre strade. E abbiamo avuto ragione: in meno di un anno dall’inizio di un percorso, ad ostacoli sì ma certo non impossibile, nostro figlio è arrivato a casa. “Ma come avete fatto?”. Non lo so, o forse sì. Eravamo pronti ad andare all’estero, ad attendere anni, ad avere un bambino, o anche due, già grandi, con un passato ingombrante alle spalle.

Invece, quello che molti non sanno, è che è possibile adottare anche in Italia, adozione nazionale. Il primo passo è presentare domanda nel tribunale dei minori della propria Regione, si tratta di una disponibilità all’adozione. “E loro ti trovano un bambino?” No, loro cercano genitori, i migliori genitori possibili per quel bambino. Ed è a questo che servono i colloqui con gli assistenti sociali e gli psicologi, le mille domande sull’idea di famiglia che ha la coppia, sulle aspettative e desideri degli aspiranti genitori. Ti dicono di pensare al figlio ideale e poi ti cancellano quell’immagine.

Ti costringono ad allargare i paletti, ti mettono davanti, come schiaffi, le situazioni più complicate. Sadismo? No, semplicemente devono sapere se siete pronti, se davvero avete capito che adottare significa accogliere, amare quei due occhi che ti guardano anche se niente hanno a che fare con i tuoi. Mio figlio è il mio bambino ideale, è così che l’ho sempre immaginato. Se lo avessi fatto non mi sarebbe venuto così bene, ho detto spesso ridendo. Ma lo credo davvero.

Adozione in Italia
Adozione in Italia

Finito l’iter delle indagini il tribunale dichiara la coppia idonea e la metta in una sorta di database. Volendo si può estendere la disponibilità anche alle altre regioni, inviando il fascicolo agli altri tribunali dei minori. Una giudice che è anche psicologa e un’assistente sociale ci hanno scelti pescando proprio da quel database, dopo aver letto la relazione che hanno fatto di noi i servizi, dopo averci visto in una sala d’attesa prima del colloquio più importante della nostra vita (ma noi non lo sapevamo, o almeno non ne eravamo certi), ci hanno scelti per lui, lo hanno “visto” in mezzo a noi. Nel giro di pochi giorni ci hanno richiamato.

Quella telefonata ha aperto un mondo, mi ha reso mamma ancor prima di sapere se mio figlio aveva 15 giorni o sei anni, prima di sapere di che colore fosse o che forma avessero i suoi occhi, prima di sapere quale fosse la sua storia. Ogni tribunale dei minori in Italia, manco fossimo uno stato federale, ha proprie procedure e moduli. Abbiamo compilato documenti su documenti, firmato, allegato foto, barrato caselle. E ce ne sono alcuni che chiedono ai genitori se sono disponibili ad adottare bimbi di colore, ad esempio.

Ecco, c’è chi pensa che si possa scegliere, come al supermercato, un figlio. Si tratta di dare delle indicazioni sul bambino, o i bambini, che si è disposti ad adottare, la fascia d’età, le eventuali problematiche (figlio di genitori tossicodipendenti o con problemi psichici, vittima di maltrattamenti, con disabilità più o meno gravi, tanto per fare qualche esempio, e in qualche caso anche se di diversa etnia, appunto). Noi avevamo detto sì ancora prima che ci facessero la proposta, siamo andati a prenderlo con due seggiolini auto di diversa misura in macchina. Avevamo prenotato culla o lettino, pronti a tutto.

Pronti ad essere completamente impreparati di fronte a quello che ci saremmo trovati. E forse è anche per questo che tre mesi dopo essere stati giudicati idonei simo diventati genitori. Perché eravamo pronti a questo, e sorridevamo dicendolo. E’ stato tutto facile, tutto semplicemente folle.

La prima volta che ci siamo visti, la prima volta che ci ha fatto una pernacchia, la prima volta che è crollato tra le mie braccia. In un giorno, in un attimo, in uno sguardo, ci ha sorriso, ha allargato le braccia e siamo diventati una famiglia. E’ lui che ci ha scelto, lui che forse era molto più preparato di noi, lui che adesso dorme di là nella sua cameretta e ancora, dopo mesi, mi sembra impossibile. Invece lo è, è possibile. “Che bravi, che bella cosa che avete fatto, come siete stati coraggiosi”. Sorrido quando me lo dicono. Non mi sento brava, né coraggiosa.

Non abbiamo percorso altre strade perché non ci facevano sentire bene, perché non erano la nostra di strada. E menomale, perché la nostra strada ci ha portato da lui, come in una favola. E quella favola io gliela racconto ogni sera, prima di addormentarsi. Perché dovrà convivere con un abbandono, come qualunque bambino adottato, ma dovrà anche sapere che esiste una magia così grande da averlo portato qui, da noi, esattamente dove doveva essere”.
c.m

Silvia Mastrorilli (Firenze, 8 febbraio 2015)

@Silvia80Silvia

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